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Rendi più snelli i processi con la firma digitale PA

18.10.2023

Rendi più snelli i processi con la firma digitale PA

18.10.2023

Rendi più snelli i processi con la firma digitale PA

Da diversi anni la pubblica amministrazione è al centro di un poderoso cambiamento lungo diverse traiettorie.

Tra le principali figurano la migrazione di dati e applicativi verso l’ambiente cloud; l’evoluzione architetturale per favorire l’interoperabilità e lo scambio di dati tra enti; la crescita di una maggiore resilienza contro le minacce cibernetiche; il miglioramento dei servizi digitali in termini di esperienza, accessibilità, velocità, a tutto vantaggio di cittadini e imprese ma anche degli stessi professionisti della Pa.

Come in altri ambiti, questo processo di cambiamento che verte sulla digitalizzazione di processi e servizi ha reso più semplice la vita di numerosi soggetti, che un tempo si scontravano con qualche bizantinismo di troppo tipico del mondo Pa ma anche con la perdita di tempo generata dal bisogno di compiere diverse operazioni in presenza, compresa quella di firmare documenti.

L’introduzione della firma digitale

Il processo che ha portato all’introduzione nel nostro paese di firme alternative a quella tradizionale autografa si è composto di più capitoli, non sempre lineari: vale la pena ricordare il Dpr 513/1997, con il Capo II specificatamente dedicato alla firma digitale (il regolamento recava “criteri e modalità per la formazione, l’archiviazione e la trasmissioni di documenti con strumenti informatici e telematici”) ma anche il recepimento della direttiva Ue 1999/93 che puntava ad agevolare l’uso delle firme elettroniche e a contribuire al loro riconoscimento giuridico sottolineandone la necessità nell’ambito delle comunicazioni e del commercio elettronico.

La direttiva all’epoca parlava di firma elettronica (Fes, firma elettronica semplice, ndr) e firma elettronica avanzata (Fea): per quest’ultima stabiliva una serie di requisiti, come la connessione in maniera unica al firmatario, la creazione con mezzi su cui il firmatario conservava il controllo esclusivo, ecc. Ma a questo quadro di possibilità, ancora oggi valido, va aggiunta la Firma elettronica qualificata: come ricorda l’Agid (Agenzia per l’Italia digitale, ndr), “la firma elettronica qualificata- o digitale- è il risultato di una procedura informatica, detta validazione, che garantisce l’autenticità, l’integrità e il non ripudio dei documenti informatici”.

Grazie alla firma digitale, sinonimo, come detto, di firma elettronica qualificata, contratti, bandi di gara, ordini di acquisto e numerosi altri adempimenti che intercorrono tra persone fisiche e pubblica amministrazione sono diventati più semplici da gestire, senza perdere nulla in termini di validità legale. In ballo, quando si parla di firma digitale, ci sono vantaggi nodali, che pari sono per la Pa e per chi si confronta con lei: l’efficienza del workflow documentario, la produttività, la velocità di flussi di diverso tipo (pagamenti, transazioni, ecc)

Firma digitale locale o remota

Per dotarsi di una firma digitale, le persone fisiche, siano esse “cittadini, amministratori e dipendenti di società e pubbliche amministrazioni” devono rivolgersi a prestatori di servizi fiduciari qualificati, siano essi soggetti pubblici o privati che, riconosciuti tali da Agid, garantiscono l’identità dei soggetti che utilizzano la firma digitale.

La possibilità di utilizzare una firma digitale ha certamente prodotto uno snellimento di numerosi processi e ha allineato, anche dal punto di vista dell’experience tecnologica, quella che è da sempre una procedura burocratica a un atto più smart e contemporaneo.

La firma digitale può essere utilizzata da remoto ma anche in modalità locale. Nel primo caso, non sono necessari dispositivi fisici. Basta semplicemente connettersi alla rete da un dispositivo personale, utilizzare il software o l’app del prestatore del servizio scelto previa autentificazione che avviene via Otp (one time password): la firma viene generata su un Hsm (hardware security module) che è sotto la responsabilità del certificatore accreditato.

Ma la firma digitale si può utilizzare anche in modalità locale: è utile tenere conto di questo aspetto, perché in questo caso la scelta di un prodotto di firma digitale equivale alla scelta di un tool che appartiene fisicamente al titolare (es: una smart card o un token per la firma digitale).
La firma digitale ha cambiato volto ai processi documentali ma anche a quelli autorizzativi, particolarmente importanti per i professionisti della PA: era così fin dalle origini, ma lo smartworking in pandemia ha confermato che è fondamentale poter esercitare, anche lontano dall’ufficio, le stesse funzioni e prerogative senza dover presidiare la scrivania.

Gli enti pubblici che si servono quindi della firma digitale al fine di assicurare integrità, autenticità e non ripudio del documento informatico possono scegliere il provider che offre le soluzioni più giuste per le esigenze legate ai processi autorizzativi ma anche per tutti quegli aspetti più di background che possono tornare utili in particolare a responsabili e dirigenti, come l’utilizzo di piattaforme dedicate per verificare la presenza di documenti in attesa di approvazione.

Argentea - Rendi più snelli i processi con la firma digitale PA
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La sfida del contactless: i quattro “pilastri” per i retailer

27.09.2021

La sfida del contactless: i quattro "pilastri" per i retailer

27.09.2021

La sfida del contactless: i quattro "pilastri" per i retailer

Il boom dei pagamenti senza strisciare la carta promette di continuare anche dopo la pandemia, con tecnologie sempre più avanzate. Ecco verso quali direzioni devono muoversi gli esercenti per non farsi cogliere impreparati

Nel corso del 2020 gli acquisti con carte contactless in Italia sono cresciuti del 29% in termini di valore rispetto all’anno precedente, toccando quota 81,5 miliardi di euro. Un chiaro effetto legato alla pandemia: una forma di pagamento che non prevede nessun tipo di contatto fisico assicura evidenti benefici da un punto di vista igienico-sanitario. Ma non si tratta dell’unico vantaggio del contactless: i consumatori hanno avuto modo di prendere confidenza con un sistema pratico e veloce oltre che capace di garantire transazioni sicure. Tutto fa quindi supporre che questa abitudine sarà sempre più radicata negli italiani anche una volta archiviata l’emergenza Covid. Anche perché ormai i POS abilitati al contactless sono il 90% del totale e il 70% delle carte di pagamento in circolazione è dotata di questo dispositivo. Mentre un’altra spinta è arrivata dall’innalzamento della soglia massima per le transazioni contactless: dallo scorso 1° gennaio è stata portata da 25 a 50 euro

Per i retailer questo cambio di rotta può comportare alcuni vantaggi organizzativi (e di conseguenza anche economici) come la riduzione delle code alla cassa e nelle postazioni self-service e la semplificazione della pulizia dei lettori di carte. L’importante è non farsi trovare impreparati, dotandosi degli strumenti necessari per riuscire a offrire ai propri clienti un’esperienza contactless soddisfacente e sicura. Ayden, piattaforma per la gestione dei pagamenti, ha individuato quattro “pilastri” tecnologici di questo nuovo paradigma commerciale. Quattro tendenze che vanno oltre l’ormai diffusa carta contactless e che promettono di prendere sempre più piede in un futuro non troppo lontano. 

Il primo è il mobile wallet, lo strumento virtuale che permette di pagare senza avere fisicamente in mano una carta e di saldare importi anche superiori alla soglia dei 50 euro fissata per il contactless. Giganti come Apple, Google e Samsung (solo per citarne alcuni) già offrono servizi di questo tipo: per i negozianti quindi è cruciale attrezzarsi per rispondere a una domanda della clientela che sarà senz’altro in aumento.

Un’altra necessità emersa con la pandemia è la riduzione delle occasioni di contatto fisico tra le persone all’interno degli spazi di vendita. Le code alle casse erano poco gradite già in era pre-Covid, figuriamoci ora. Una buona soluzione per gli esercenti è dotarsi di mobile POS, abilitando così il proprio personale all’accettazione dei pagamenti in qualsiasi punto del negozio. 

Un’altra modalità di acquisto nata per ridurre le code e divenuta particolarmente apprezzata negli ultimi tempi è quella tramite app, con successivo ritiro del prodotto in negozio. Importante per i retailer è riuscire a offrire un servizio all’altezza in fase di checkout e tagliato su misura per ogni cliente. In tal senso si inserisce la quarta tecnologia individuata come fondamentale per i retailer, quella del Pay by Link: il cliente non deve più interagire con un terminale POS in negozio, ma potrà effettuare il pagamento tramite un link (inviato tramite email, chat o SMS) che lo indirizza verso una pagina di pagamento sicura. 

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Bonus Bancomat, la nuova strategia per disincentivare l’uso del contante

27.09.2021

Bonus Bancomat, la nuova strategia per disincentivare l'uso del contante

27.09.2021

Bonus Bancomat, la strategia

 

Sospeso il Cashback, il governo punta sugli sgravi per partite IVA ed esercenti: agevolazioni fino a 480 euro per chi si dota di POS e strumenti evoluti per archiviare e trasmettere le fatture e ulteriore sforbiciata alle commissioni sui pagamenti elettronici 

Messo in stand by almeno fino al termine del 2021 il programma Cashback, il governo Draghi ha scelto un’altra strada per provare a dare un’ulteriore spinta ai pagamenti elettronici in Italia. Si tratta del cosiddetto Bonus Bancomat, nuova iniziativa che si inserisce all’interno dell’ampio piano Cashless mirato a contrastare l’evasione fiscale tramite la diminuzione dell’uso del contante. 

Se il Cashback era destinato ai consumatori, stavolta l’esecutivo punta a incentivare professionisti e partite IVA a dotarsi degli strumenti necessari per ricevere pagamenti tramite carte e a prediligere questo sistema rispetto al contante. Sono previsti fino a 160 euro di rimborso (sotto forma di credito di imposta) per le spese legate a acquisto o noleggio del POS e un contributo fino a 320 euro per chi acquista o prende a nolo degli strumenti per archiviare e trasmettere fatture e pagamenti (come ad esempio le nuove casse smart). Il beneficio finale recuperabile tramite dichiarazione dei redditi può dunque arrivare fino a 480 euro. L’importo dello sgravio fiscale è variabile e diminuisce all’aumentare dei ricavi dell’attività. Per quanto riguarda le spese legate al POS, fermo restando il tetto massimo di 160 euro il rimborso è del 70% per chi incassa meno di 200mila euro annui, del 40% tra 200mila e 1 milione di euro, del 10% tra 1 milione e 5 milioni di euro. Per le spese di acquisto o noleggio di strumenti di pagamento elettrici tecnologicamente evoluti, il rimborso (tetto massimo di 320 euro) è invece del 100% per chi incassa meno di 200mila euro l’anno, del 70% per ricavi tra i 200mila e 1 milione di euro e del 40% per ricavi tra 1 milione e 5 milioni di euro. In entrambi i casi sono escluse le partite IVA che incassano cifre superiori ai 5 milioni di euro l’anno. Va sottolineato che i crediti d’imposta sono utilizzabili solamente in compensazione: per beneficiarne bisognerà produrre al commercialista o al CAF la documentazione attestante le spese sostenute e i guadagni. 

Accanto a questo pacchetto di misure, il governo ha deciso anche di mettere in campo un ulteriore taglio delle commissioni legate ai pagamenti POS. Lo sconto in questo caso è stata portato al 100% (in precedenza era stato fissato al 30%) per tutti i pagamenti ricevuti tra il 1° luglio 2021 e il 30 giugno 2022. In sostanza, in questo lasso di tempo esercenti e professionisti non dovranno versare commissioni quando i clienti pagano con carte di credito, debito o altri sistemi evoluti. 

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Alleanza europea per gli e-payments

28.07.2021

Alleanza europea per gli e-payments

28.07.2021

Alleanza europea per gli e-payments

L’European Payments Initiative coinvolge le maggiori banche del continente e punta a creare, nel giro di due anni, un’alternativa all’attuale oligopolio di colossi americani e realtà cinesi in grande crescita

 

L’emergenza Covid ha dato un’ulteriore spinta agli e-payments, che già mostravano un tasso di crescita impetuoso prima dell’esplosione della pandemia. Per restare solo in Italia, Paese non certo al top per penetrazione dei sistemi di pagamento digitali, nel 2020 si sono registrate 5,2 miliardi di transazioni, che rappresentano un terzo del valore totale dei consumi (dati dell’Osservatorio sugli Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano). La tendenza è globale, e mette in luce come i servizi di pagamento digitale siano quasi completamente in mano a colossi americani: Mastercard e Visa (ora gestiscono 4 transazioni su 5), ma anche Paypal fino ad arrivare ai sempre più utilizzati servizi forniti da Google e Apple. E l’Europa? Finora il Vecchio Continente è rimasto ai margini di questa cruciale partita. Ma presto lo scenario potrebbe cambiare, con la nascita di un nuovo circuito europeo di pagamenti. Il tentativo era già stato fatto dieci anni fa con il progetto Monnet, naufragato però dopo pochi mesi. Stavolta la sfida si chiama European Payments Initiative e coinvolge 31 banche (tra cui colossi come Deutsche Bank, Bnp Paribas, Ing, Unicredit e Santander) e due elaboratori di servizi finanziari del blocco comunitario. L’obiettivo è quello di dare vita a un campione europeo dei pagamenti in grado di garantire servizi come e-commerce, acquisti in negozio e ritiro di contanti ai bancomat ma anche di sperimentare nuove modalità in grado di rendere sempre più semplici le transazioni, attraendo così i clienti. La roadmap è già stata tracciata: sviluppare i primi servizi già nel 2022 per poi arrivare alla migrazione delle carte verso il nuovo sistema nel corso del 2023.

La strada pare delineata, ma resta da vedere se l’ambizioso progetto riuscirà a tradursi in realtà. Questa volta, a differenza di quanto accadde con Monnet nel 2011, è arrivato un convinto sostegno a livello politico da parte della Commissione Europea e della Banca Centrale Europea. Istituzioni che, anche in virtù della guerra commerciale scatenata dagli Usa sotto l’amministrazione Trump, sembrano essersi persuase dell’importanza di compiere un ulteriore passo verso una maggiore sovranità economica. Anche perché l’impetuosa avanzata della Cina nel campo dei pagamenti elettronici rischia di tagliare fuori del tutto il Vecchio Continente da una partita cruciale per il futuro. Il rischio, indicato chiaramente da Joachim Schmalzl, presidente della European Payment Iniziative, è che l’attuale oligopolio degli e-payments possa sempre più “danneggiare consumatori e commercianti, indicando tariffe relativamente elevate”.

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La strada tracciata degli e-payments

28.06.2021

La strada tracciata degli e-payments

27.05.2021

La strada tracciata degli e-payments

Dopo il boom del 2020 spinto dalla pandemia e dagli incentivi, il trend della rivoluzione digitale in tema di pagamenti continuerà e si espanderà nel 2021

I dati sono talmente chiari e le opinioni talmente diffuse che si può sostenere che in Italia la “rivoluzione digitale” sia esplosa nel settore dei pagamenti. Secondo l’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano, 1 euro su 3 viene trasferito tramite sistemi digitali, per un valore totale di 268 miliardi transati nel solo 2020, ovvero il 33% dei consumi (+4% rispetto al 2019).

Il termine “rivoluzione” non è peraltro iperbolico considerando che l’Italia è tra gli ultimi Paesi d’Europa in materia di e-payments (al 24esimo posto su 27 per transazioni pro-capite con carte elettroniche). Gli analisti concordano anche nel dire che la pandemia da coronavirus abbia influenzato positivamente il fenomeno, con un vero e proprio boom dell’e-commerce (leggi il nostro articolo a riguardo) e dei servizi di pagamento delle utenze domestiche (bollette, bollettini, telefonia), aumentati del 15% in un anno (1,3 miliardi di euro in valore). Gli acquisti contactless hanno raggiunto quote del +29% (81,5 miliardi) e tra mobile payment e wearable payment la crescita monstre è stata dell’80%.

Un trend che si manterrà anche quest’anno e che dovrebbe aumentare, secondo alcuni esperti. Una leva decisiva verso l’alto potrebbe averla il ridimensionamento del Piano Cashless introdotto dal governo Conte bis ma anche alcune iniziative già promosse, come quella dell’innalzamento del limite dei pagamenti contactless senza necessità di Pin (a 50 euro da gennaio 2021) e l’integrazione definitiva dei servizi di pagamenti da smartphone. Proprio quest’ultimo argomento è stato affrontato dal white paper “Eba-McKinsey “The Future of european payments: strategic choices for banks”, secondo cui “è probabile che i primi anni dopo il 2020 diventino un punto di svolta per i pagamenti”. In particolare, la pandemia ha rafforzato l’impegno delle banche “a investire in aree come la digitalizzazione dei percorsi dei clienti, l’introduzione del machine learning e il miglioramento della resilienza tecnologica e operativa”. Alla luce dell’indagine che ha coinvolto decine di dirigenti del settore finanziario (concordi sull’importanza del fare squadra con i partner dell’ecosistema), per Wolfgang Ehrmann, presidente dell’Eba, “le banche devono affrontare molteplici scelte strategiche e hanno una serie di opportunità di collaborare con i partner per attività e applicazioni selezionate”. I consumatori più attenti al digitale, inoltre, aspettano di comprendere l’effettiva portata delle regole sull’autenticazione forte (SCA) per i pagamenti online.

Fonti:
Osservatorio Innovative Payments – Politecnico di Milano (2021)
Agenda Digitale 
The Future of european payments: strategic choices for banks” Eba-McKinsey

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