Tra le principali figurano la migrazione di dati e applicativi verso l’ambiente cloud; l’evoluzione architetturale per favorire l’interoperabilità e lo scambio di dati tra enti; la crescita di una maggiore resilienza contro le minacce cibernetiche; il miglioramento dei servizi digitali in termini di esperienza, accessibilità, velocità, a tutto vantaggio di cittadini e imprese ma anche degli stessi professionisti della Pa.
Come in altri ambiti, questo processo di cambiamento che verte sulla digitalizzazione di processi e servizi ha reso più semplice la vita di numerosi soggetti, che un tempo si scontravano con qualche bizantinismo di troppo tipico del mondo Pa ma anche con la perdita di tempo generata dal bisogno di compiere diverse operazioni in presenza, compresa quella di firmare documenti.
L’introduzione della firma digitale
Il processo che ha portato all’introduzione nel nostro paese di firme alternative a quella tradizionale autografa si è composto di più capitoli, non sempre lineari: vale la pena ricordare il Dpr 513/1997, con il Capo II specificatamente dedicato alla firma digitale (il regolamento recava “criteri e modalità per la formazione, l’archiviazione e la trasmissioni di documenti con strumenti informatici e telematici”) ma anche il recepimento della direttiva Ue 1999/93 che puntava ad agevolare l’uso delle firme elettroniche e a contribuire al loro riconoscimento giuridico sottolineandone la necessità nell’ambito delle comunicazioni e del commercio elettronico.
La direttiva all’epoca parlava di firma elettronica (Fes, firma elettronica semplice, ndr) e firma elettronica avanzata (Fea): per quest’ultima stabiliva una serie di requisiti, come la connessione in maniera unica al firmatario, la creazione con mezzi su cui il firmatario conservava il controllo esclusivo, ecc. Ma a questo quadro di possibilità, ancora oggi valido, va aggiunta la Firma elettronica qualificata: come ricorda l’Agid (Agenzia per l’Italia digitale, ndr), “la firma elettronica qualificata- o digitale- è il risultato di una procedura informatica, detta validazione, che garantisce l’autenticità, l’integrità e il non ripudio dei documenti informatici”.
Grazie alla firma digitale, sinonimo, come detto, di firma elettronica qualificata, contratti, bandi di gara, ordini di acquisto e numerosi altri adempimenti che intercorrono tra persone fisiche e pubblica amministrazione sono diventati più semplici da gestire, senza perdere nulla in termini di validità legale. In ballo, quando si parla di firma digitale, ci sono vantaggi nodali, che pari sono per la Pa e per chi si confronta con lei: l’efficienza del workflow documentario, la produttività, la velocità di flussi di diverso tipo (pagamenti, transazioni, ecc)
Firma digitale locale o remota
Per dotarsi di una firma digitale, le persone fisiche, siano esse “cittadini, amministratori e dipendenti di società e pubbliche amministrazioni” devono rivolgersi a prestatori di servizi fiduciari qualificati, siano essi soggetti pubblici o privati che, riconosciuti tali da Agid, garantiscono l’identità dei soggetti che utilizzano la firma digitale.
La possibilità di utilizzare una firma digitale ha certamente prodotto uno snellimento di numerosi processi e ha allineato, anche dal punto di vista dell’experience tecnologica, quella che è da sempre una procedura burocratica a un atto più smart e contemporaneo.
La firma digitale può essere utilizzata da remoto ma anche in modalità locale. Nel primo caso, non sono necessari dispositivi fisici. Basta semplicemente connettersi alla rete da un dispositivo personale, utilizzare il software o l’app del prestatore del servizio scelto previa autentificazione che avviene via Otp (one time password): la firma viene generata su un Hsm (hardware security module) che è sotto la responsabilità del certificatore accreditato.
Ma la firma digitale si può utilizzare anche in modalità locale: è utile tenere conto di questo aspetto, perché in questo caso la scelta di un prodotto di firma digitale equivale alla scelta di un tool che appartiene fisicamente al titolare (es: una smart card o un token per la firma digitale).
La firma digitale ha cambiato volto ai processi documentali ma anche a quelli autorizzativi, particolarmente importanti per i professionisti della PA: era così fin dalle origini, ma lo smartworking in pandemia ha confermato che è fondamentale poter esercitare, anche lontano dall’ufficio, le stesse funzioni e prerogative senza dover presidiare la scrivania.
Gli enti pubblici che si servono quindi della firma digitale al fine di assicurare integrità, autenticità e non ripudio del documento informatico possono scegliere il provider che offre le soluzioni più giuste per le esigenze legate ai processi autorizzativi ma anche per tutti quegli aspetti più di background che possono tornare utili in particolare a responsabili e dirigenti, come l’utilizzo di piattaforme dedicate per verificare la presenza di documenti in attesa di approvazione.